Anche in Veneto come in molti altri dialetti abbiamo dei modi dire che a volte sono unici.
In questo post non troverete foto ma incontrerete 30 modi di dire Veneti tra i più famosi e tra i più usati.
Lo scopo di questo post è triplice: raccogliere i modi di dire in dialetto Veneto, farli conoscere a coloro che visiteranno il Veneto e soprattutto regalarvi un sorriso.
Questi modi di dire, che sono anche dei detti o proverbi, sono per lo più legati alla tradizione contadina di alcuni luoghi o a dei fattori ambientali tipicamente Veneti.
Per ognuno di essere troverete: la variante Veneta, la traduzione italiana e se necessario una spiegazione del significato. Buona lettura!
Modi di dire Veneti. 30 modi di dire in dialetto Veneto
- Vanti col Cristo che a Procession s’ingruma. Avanti col Cristo che la processione si ammucchia. Ispirato alla processione e alla gente che segue la croce di Cristo: se si ferma il Cristo la gente si ammassa, e prima che il flusso torni fluido ci vuole del tempo. Tradotto: se non vai avanti col lavoro e perdi tempo questo si ammucchia e poi fai fatica a smaltirlo.
- Dato che te si bagnà va ti tor l’acqua: Dato che sei bagnato vai a tu a prendere l’acqua. Usato una volta dai più anziani verso i più giovincelli. Per non alzarsi, l’anziano diceva al giovane di fare una cosa già che c’era. Si potrebbe tradurre con un “già che ci sei…” oppure “già che sei in piedi…”
- Se no xe pan xe poenta. Se non è pane è polenta. La polenta si sa che al nord è popolare e spesso si usava in sostituzione del pane. Quindi spesso si metteva in tavola o uno l’altro. Quindi, se non è questo è quello.
- Come che te gò fato te desfo! Come ti ho fatto ti disfo! Usato spesso dalle nostre mamme o dalle nonne quando il livello di incazzatura superava il limite di sopportazione: minacciavano di ammazzarci di botte dopo un serie di richiami e rimproveri, nello stesso modo in cui ci avevano messi al mondo. Esiste anche la variante “In 9 mesi te gò fatto in 9 secondi te desfo!“. Non credo serva tradurne il senso.
- Signor Tègneme! Signore Tienimi! In alcuni casi le mamme la esclamano prima in alcuni casi dopo rispetto all’affermazione di cui sopra. Quando oltrepassavi quel limite – una volta il confine era molto sottile, ora si è decisamente allargato – la mamma e la nonna invocavano Dio per tenerle a freno. Ma spesso neanche l’Onnipotente poteva frenare le loro mani o il loro zoccolo di legno.
- L’acqua marssisse i pài! L’acqua marcisce i pali. Si sà che in Veneto vino e alcolici vari occupano la dieta quotidiana del Veneto medio – ma non dateci degli alcolizzati -. Ad ogni modo, quando sei in compagnia, stai bevendo e ti offrono un bicchiere d’acqua è buona educazione rifiutare e rispondere con questa frase, in quanto si sa che l’acqua fa marcire il legno e quindi non va bene bere acqua.
- No ghe manca gnanca el latte de gaina. Non gli manca neanche il latte di gallina. Detto legato alla tradizione contadina. Possiede praticamente tante cose, anche quelle che non esistono, come il latte della gallina. Serve per indicare lo stato di elevato benessere di una persona.
- Te si nasùo sul bombaso. Sei nato sul cotone. La morbidezza del cotone richiama alla mente gli agi e le comodità. Immaginate un bambino appena nato che viene messo in mezzo ad una nuvola di cotone. Comodità che ha solo chi sta bene economicamente e questa comodità se la porta avanti per la vita. Strettamente legato al modo di dire di cui sopra.
- El te magna i risi in testa . Ti mangia il riso in testa. Si usa dire verso una persona molto sveglia. Non è tanto riferito a chi subisce quanto a chi lo fa. È talmente scaltro e furbo che ti mangerebbe il riso in testa senza che ne accorgi.
- A chiolà ghe manca un bojo. A quello lì gli manca una bollita. Si può tradurre “come non è bollito al punto giusto” ed in tono in parte ironico: si usa quando ci si riferisce ad una persona un po’ tarda di comprendonio. Immaginatevi di scolare la pasta e tirarla fuori ancora cruda: ecco la persona in questione non è matura al punto giusto. E quindi non ha la maturità adatta. Insomma, è un po’ tardo.
- El gà na testa che no la magna gnanca i porsei. Ha una testa che non la mangerebbero nemmeno i maiali. Dicesi di persona particolarmente fuori di testa e pazza. Con questa affermazione si intende dire che se dessero ai maiali la sua testa (il maiale è noto per mangiare di tutto), questi la scarterebbero. SI usa in tono poco ironico e molto più serio.
- Chi che gà e sucche no gà i porsei. Chi ha le zucche non ha i maiali. Anche questo detto si collega come il precedente alla tradizione contadina. Significa che chi ha i materiali non ha i mezzi, ma anche chi hai mezzi non ha i materiali per raggiungere un tale scopo.
- Mi aa to età saltavo i fossi par longo. Io alla tua età saltavo i fossi per lungo. Ancora oggi molto in voga. Si usa dirlo verso chi è più giovane anche di qualche anno. Con questo detto si intende dire alla persona in questione che alla sua età io ero molto meglio e facevo cose impossibili, che lui non riesce a fare ora e che si dovrebbe dare un mossa.
- To mare magnea erba? Mandea via mosche coa còa? Faea muuuuu? Tua madre mangia erba? Manda via mosche con la coda? Fa muuuu? Si suol dire a persone con cui si è molto in confidenza. Anziché offendere direttamente la madre altrui, si usa questo giro di parole per dire che la madre della persona in questione fa il lavoro più antico del mondo. Il tono, nonostante tutto, è altamente confidenziale e scherzoso.
- I mona sii riconosse dal fatto che i dovarìa tàser coi parla e che i dovarìa parlar coi tase. Gli stupidi si riconoscono dal fatto che parlano quando dovrebbero star zitti e che stanno zitti quando dovrebbero parlare. Non credo servano altre parole.
- A rubar poco se va in gaèra, a rubar tanto se fa carriera. A rubare poco si va in galera, a rubare tanto si fa carriera. Non servono spiegazioni.
- Par pagar e morir ghe xe sempre tempo. Per pagare e per morire c’è sempre tempo. Come sopra.
- Faive a levante panoce tante, faive a ponente panoce gnente. Faville a levante pannocchie tante, faville a ponente pannocchie niente. Detto di tradizione contadina collegato alla tradizione della casera. Bruciare la casera è una tradizione molto popolare nel nord est. Il 6 Gennaio si usa “bruciare la vecchia”, intesa come la donna vecchia ma anche come le cose vecchie per lasciare spazio alle nuove bruciando una gigantesca pira di legno – la casera -. In cima a questa si trova una croce con appeso un pupazzo raffigurante la befana – la vecchia -. Se le faville vengono sospinte dal vento verso levante – faive a levante -, ossia est, l’annata sarà di buon auspicio ed il raccolto sarà abbondante – panoce tante -. Contrariamente se andranno verso ponente – faive a ponente -, cioè verso ovest, il raccolto sarà scarso – panoce gnente-. La tradizione della casera prende nome anche di “Pan e Vin” in alcune zone del Veneto oppure “Piñarul” in Friuli.
- Brutti in fasse bei sue piasse. Brutti in fasce belle nelle piazze. È un modo di dire che se se un bambino è brutto da piccolo poi da grande sarà bello.
- Te sì un stornèl! Sei uno stornello! Sei una persona un po’ sciocca. Dato che lo storno è un uccello invasivo, in passato nelle zone agricole se ne abbattevano molti e siccome era facile fregarli, erano considerati uccelli un po’ stupidi.
- De russo o de strusso. Si potrebbe tradurre letteralmente come grattando e strusciando. Il significato è “farcela in un modo o nell’altro”: de russo o de strusso ce l’ho fatta.
- Muso duro e bareta fracada. Muso duro e berretta tirata giù. Si usa quando una persona fa una cosa che non gli va e non lo nasconde, ma mostra il suo disappunto in maniera marcata. Lo sguardo è incazzato nero.
- Coe ciàcoe no se impasta fritoe. Con le chiacchiere non si impastano frittelle. Con le chiacchiere non si produce e non si fa niente.
- Chi vive sperando more cagando. Chi vive sperando muore cagando. Non servono traduzioni
- Quel che passa ingrassa. Quello che passa ingrassa. Quello che passa per la gola, fa poi ingrassare e non fa male. Si usa anche quando si mangia qualcosa che non piace oppure si inghiotte qualcosa involontariamente – tipo un insetto – in quel caso si dice: “ma si, quel che passa ingrassa“.
- Varda che ànda chel gà! Guarda che andazzo ha! Si usa quando una persona mostra una svogliatezza all’ennesima potenza magari trascinando i piedi, svolgendo una cosa o un lavoro ad un ritmo bradipeggiante.
- Vecio, reffite! Vecchio, svegliati! Il verbo Reffarsi è un verbo molto comune in Veneto e si associa ai verbi svegliarsi, ripigliarsi, capire. Quando a una persona si dice una cosa e questa non comprende oppure non capisce che deve fare nonostante l’ordine o la richiesta siano evidenti, si esclama l’affermazione in questione. Non è raro sentir dire anche “Datte ‘na reffada!“, datti una svegliata.
- Perso pal caìgo! Perso nella nebbia. Si sa che in Veneto la nebbia nelle giornate invernali è impenetrabile. Si usa dire delle persone che vengono mandate a prendere qualcosa e non tornano dopo un bel po’ di tempo: “el se gà perso pal caigo!“. Ma anche quando qualcuno deve risolvere qualcosa e non capisce come fare. Sembra quasi abbia la mente annebbiata e quindi si dice che “xe perso pal caigo!“
- Andar in serca a mesogiorno col feràl! Andare alla ricerca a mezzogiorno col fanale. Cosa serve un fanale per cercare una cosa a mezzogiorno, quando la luce del giorno è massima? A niente. Quindi stai facendo una cosa per niente ed inutilmente.
- I te porta dai Capeeti. Ti portano dai Cappelletti. Il prof Cappelletti era un dottore che a Venezia curava i pazzi. Si dice a chi parla ad cazzum e dicendo cretinate. Quindi è meglio se stai zitti perchè stai dicendo cose pazze e senza senso che se continui ti ricoverano.
Spero con questo post sui modi di dire Veneti in dialetto di avervi regalato almeno un sorriso. Se volete saperne sapere di più sul mio Veneto, leggete pure il mio post su cosa vedere a Venezia, Venezia in un giorno, Venezia in 2 giorni, Padova, Verona, cosa vedere a Burano, Montagnana, Cittadella, Arquà Petrarca e Caorle.
Ora conoscete anche voi un po’ di più il nostro dialetto ?
Tutti modi di dire che diceva la mia mamma .grazie
Grazie a te per la lettura!
Variante padovana del 25: quelo che no sofega, ingrassa (sofega sta per soffoca)
Altre varianti del 10 e 11: no vere tute le fassine al cuerto: le fascine per accendere la stufa o il focolare dovevano essere all’asciutto, quindi si intende di qualcuno che ha perso “qualcosa” per strada; essare incalmà co’ l’oco, cioè frutto di un incrocio con il maschio dell’oca che non è considerato fra gli animali più intelligenti; mejo ndare co’ un ladro che co’ un ebete: da un ladro te poli inparare calcossa, da un ebete no (questo non è molto conosciuto, ma in questo paese è molto applicato)
???? grazie mille!!
Tutti modo di dire che utilizzo spesso. Ma sono dispiaciuta nel capire che non entrano nel linguaggio dei miei nipoti..
Credo che il dialetto sia parte delle nostra cultura e delle nostre origini. Cerco di usarlo, se posso, anche io coi miei figli ma mi rendo conto di come sia sempre più usato l’italiano e il dialetto si stia perdendo…
Grazie per essere passata Mariarosa
Che belli, alcuni li ho sentiti dire spesso da mia nonna, 1-3-9-13. Il 25 lei lo completava cosí”quel che pasa ingrassa, quel che no passa..” lasciando intendere che quando era picola, famiglia contadina di 10 figli, non passava molta roba da mangiare.
il numero 4 era una prerogativa di mia madre:)
ahahahahahaha le mamme di una volta lo usavano spesso il 4 modo di dire…io me la battevo ogni volta!
Alcuni sono veramente esilaranti 😀
Il numero 4 lo conosco benissimo eh eh! Sono una persona per bene, conosco le buone maniere e non esiste proprio di accettare un bicchiere d’acqua da un veneto, quindi terrò a mente il numero 6 😛
Ne manca uno però, non è un modo di dire tradizionale è vero, ma credo che sia entrato nel cuore di tutti gli italiani:
“chi gà sciugà il Canal”! 😉
Ahahahaha quello è diventato famoso grazie alla pubblicità. Ho dovuto limitare a 30 il numero di detti ma ce ne sarebbero altri ovviamente. Potrei però pensare di scriverne una seconda parte…
Mia madre dice sempre “Saco suca e sera” per dire che la vita è noiosa qualcuno sa spiegarmi il significato
Onestamente mai sentito. Mi dispiace non poterla aiutare